mercoledì 5 marzo 2014

HPL 1

HPL - 1

Howard Phillip Lovecraft ha sviluppato la propria narrativa  a partire da fonti disparate, tra le quali occupano un posto di rilievo le fiabe raccolte dai fratelli Grimm e anche “Le mille e una notte”.
 Per inciso, anch’io quand’ero molto giovane lessi  entrambe le opere. Mi sono poi infatti ricomprato l’edizione super economica NCE delle belle fiabe arabe.
 HPL era appassionato di astronomia, in merito alla quale scrisse diversi articoli. Per quattro anni pubblicò un foglio periodico a essa dedicato.
 Già a sette anni legge N. Hawthorne (“Wonder Book”, “Tanglewood Tales”). In seguito si appassiona alle traduzioni in inglese dei miti classici: Bulfinch, Garth, Dryden, Addison. A quell’età incomincia a scrivere i primi racconti del soprannaturale.
 Affascinato dall’Inghilterra vittoriana, si sforza di assumerne lo stile di vita e ne adotta il datato vocabolario (Walker’s Dictionary, 1804). Il suo grande interesse per le scienze in genere è mitigato dal disprezzo per la matematica pura. La scoperta di E.A. Poe modifica la sua precoce passione per i solari miti greci. Decide comunque di cimentarsi con la poesia epica, resa attraverso caratteristici “decasillabi eroici”.
 Tuttavia, a ventun anni riprende la via della narrativa, per puntare soprattutto alla perfezione tecnica, in modo da trascrivere nel modo più fedele possibile le immagini vivide partorite dalla propria spiccata, nonché sfrenata,  immaginazione

IL DONO DELLA SINTESI

HPL ha sintetizzato attraverso una miriade di immagini più o meno accessibili (alcune delle quali, non fosse per la ridondanza di espressioni forse anche volutamente grevi , non sarebbero affatto prive di un certo gusto artistico) il senso di meraviglia dell’uomo mentre è dominato dall’angoscia. Si tratta di una visione distorta dentro e dietro ai quali non è possibile scorgere altro se non un meccanicismo implacabile, imperante, che sottrae spazio all’anima e ai sentimenti.

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