HPL - 1
Howard Phillip Lovecraft ha sviluppato la propria
narrativa a partire da fonti disparate,
tra le quali occupano un posto di rilievo le fiabe raccolte dai fratelli Grimm
e anche “Le mille e una notte”.
Per inciso, anch’io quand’ero
molto giovane lessi entrambe le opere. Mi
sono poi infatti ricomprato l’edizione super economica NCE delle belle fiabe
arabe.
HPL era appassionato
di astronomia, in merito alla quale scrisse diversi articoli. Per quattro anni
pubblicò un foglio periodico a essa dedicato.
Già a sette anni
legge N. Hawthorne (“Wonder Book”, “Tanglewood Tales”). In seguito si
appassiona alle traduzioni in inglese dei miti classici: Bulfinch, Garth,
Dryden, Addison. A quell’età incomincia a scrivere i primi racconti del
soprannaturale.
Affascinato
dall’Inghilterra vittoriana, si sforza di assumerne lo stile di vita e ne
adotta il datato vocabolario (Walker’s Dictionary, 1804). Il suo grande
interesse per le scienze in genere è mitigato dal disprezzo per la matematica
pura. La scoperta di E.A. Poe modifica la sua precoce passione per i solari
miti greci. Decide comunque di cimentarsi con la poesia epica, resa attraverso
caratteristici “decasillabi eroici”.
Tuttavia, a ventun
anni riprende la via della narrativa, per puntare soprattutto alla perfezione
tecnica, in modo da trascrivere nel modo più fedele possibile le immagini
vivide partorite dalla propria spiccata, nonché sfrenata, immaginazione
IL DONO DELLA SINTESI
HPL ha sintetizzato attraverso una miriade di immagini più o
meno accessibili (alcune delle quali, non fosse per la ridondanza di
espressioni forse anche volutamente grevi , non sarebbero affatto prive di un
certo gusto artistico) il senso di meraviglia dell’uomo mentre è dominato
dall’angoscia. Si tratta di una visione distorta dentro e dietro ai quali non è
possibile scorgere altro se non un meccanicismo implacabile, imperante, che
sottrae spazio all’anima e ai sentimenti.
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