HPL 2: la fede e il destino
La reazione dell’autore al mondo “meccanico”, cui cerca di
sfuggire rifugiandosi nel passato, tra le pagine dei libri e nella solitudine
di una camera in penombra, è spropositata ma immanente.
Il suo sforzo si
stempera in descrizioni minuziose dei particolari anatomici di numerose razze
aliene, totalmente estranee all’umanità, per certi versi superiori. Per gli
uomini rappresentano la malvagità,
mentre un punto di vista più obiettivo ed impersonale, ne mette in rilievo la diversità. Tant’è che uomini considerati
folli nell’ambito della moderna società civile ma anche intere tribù/comunità
di indigeni “primitivi e senzadio” si sentono spinti ad adorare le creature
provenienti da galassie lontane, questi signori di paura inconfessata che
solcano gli spazi tra gli spazi. Cellule cancerose, impazzite di una società
all’apparenza sotto controllo che cercano la vera malattia.
E’ interessante
notare come negli scenari descritti da HPL non si trovino vincitori di
carattere decisivo. I trionfi di questi ultimi, qualora ottenuti, si riducono
ad azioni dalle conseguenze insignificanti per la quasi totalità della razza
umana. La FINE è evitata per un soffio, scongiurata all’ultimo momento o
rimandata alla generazione successiva; tuttavia aleggia incombente, come in
attesa di un cataclisma che inghiottirà il mondo senza prima averlo giudicato.
Un fato avverso e terribile attenderà la fine della civiltà.
Spingendo oltre
l’esegesi dei testi, ci si rende conto che detta fine in realtà è già avvenuta
e che la punizione è in atto: non annientato da forme titaniche, reso schiavo e
poi divorato in un’orgia di putride masse informi , né schiacciato tra le spire
di tentacoli limacciosi che frstunao l’aria al ritmo del suono orrendo di
flauti stonati.
No. E’ solo stato abbandonato a se stesso, preso in un
turbinio di emozioni confuse che palpitano nel cuore vuoto del Nulla. Solo.
Dimenticato da Dio.
Quelle galassie
lontane che ruotano in cicli sempre più lenti attendono il ritorno di questi
Altri Déi, i quali, in attesa di raccogliere le offerte che l’eternità offre
loro, si tuffano nel mare di stelle che
è la loro dimora ancestrale.
Ma per il figlio di
Adamo, per la tumida scimmia glabra che balbetta la propria discendenza da
scimmie antiche che ebbero la fortuna di non possedere coscienza né identita,
per quest’essere meschino dalla vita tanto breve non c’è che il Nulla. Il non
senso di un’esistenza in attesa del realizzarsi della promessa di molte
religioni per una “vita eterna” è una
magra consolazione.
Poiché la morte
attende e non muore, mentre l’umanità nella sua interezza muore di continuo e
così sarà per sempre.
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