Pilota 2: L'Inizio
9 gennaio 1997
Non va bene.
Il Dott. DVLx mi ha chiesto di riflettere su un altro punto: quali rischi comporterebbe provare ad assumere un'identità REALE: divenire SE STESSI anche a contatto con loro: gli ALTRI.
Ho passeggiato per pensarci su e schiarirmi le idee in merito, invece, come al solito, il pensiero ha accelerato fino alla corsa sfrenata. Capita di sragionare, ogni volta che non riesco a portare a termine qualcosa di programmato, ben definito.
La compulsione avanza e ne risento: sorprendersi a disegnare simmetrie immaginarie con gli oggetti più comuni, a contare serie lunghe di losanghe e di segnali, e così via. Poi controllare due, tre volte, a caccia dell'errore. Le sequenze numerate non danno tregua.
Contare. Ricontare. Sbagliare.
Tenevo a mente due commissioni da svolgere e non ne ho condotta a buon fine neppure una. DVLx dice : pensi troppo, fa male. A ragione o a torto?
Perciò, quali sono i rischi della propria Rivelazione, una volta calata la maschera?
E se sotto, ci fosse un'altra maschera? "Io" interiore. Chi la vede, lo ignora o lo sa?
Parliamo di semplici rischi o di veri e propri pericoli?
"Ma non si può mica piacere a tutti!" è qul mantra che sa di luogo comune.
Certe persone sono brutte dentro, sempre. Fuori, si cambia. L'interno ha le pareti così lucide che ne riflette l'immagine come un'onda. Allora se bastano due o tre travestimenti per ingannare chi sta vicino, come mai si può scoprire quale sia il vero io? Osservando le reazioni dei vicini, forse. Come reagisce lo spettatore. Potersi svelare, mostrarsi in piena vista e nello stesso tempo adombrarsi, svanire.
Ecco quindi il tema della fuga, del rifugio segreto.
Quando si sta male per una singola parola mal detta, per un rimprovero reale, temuto o anche solo immaginato, esporsi indifesi e deboli è pericoloso, all'inizio.
Uno sguardo in grado di far crollare un muro perde in uno scontro verbale. Il manrovescio giusto zittisce la bocca importuna. La mano è immobile, paralizzata dagli occhi di ghiaccio.
Sasso - carta - Forbici un gioco innocuo? Mai.
Capitolare.
Sacrificarsi.
Perdere.
La posta in gioco però non vale il piatto su cui è poggiata. Il disinteresse costa caro, la perdita meno. Anni e anni di pratica e bravura forgiano la maschera nel bronzo che si ossida. Vecchi dissapori cadono in mare, poi ripescati dalle reti del caso ricoperti di alghe e di salsedine incrostata. Forza immobile, sconfitta dimenticata e determinazione incrollabile montata su caviglie di argilla.
Qualche volta, per sbaglio, cala la maschera dell'esclusione, modellata in quella stessa argilla cotta male. La reclusione dietro un muro di sdegno senza porte che cresce di spessore con il tempo induce la ricerca di segni tracciati chissà dove. L'inaccessibilità del presente che rimanda al passato comporta un rischio ulteriore: la scoperta oggettiva che la maschera, o una di esse, sia migliore di ciò che cela, il quale fa molto meglio a rimanere absconditus.
E' tutto molto difficile.
Se, per esempio, anziché divenire sicuri di sé col manifestarsi dell'indifferenza si potesse esporre le proprie insicurezze come ferite aperte, le paure come collezioni, i complessi come quadri miniati?
E' un atto intimo, da consumarsi in privato, al massimo in compagnia di pochi eletti.
Non va bene.
Il Dott. DVLx mi ha chiesto di riflettere su un altro punto: quali rischi comporterebbe provare ad assumere un'identità REALE: divenire SE STESSI anche a contatto con loro: gli ALTRI.
Ho passeggiato per pensarci su e schiarirmi le idee in merito, invece, come al solito, il pensiero ha accelerato fino alla corsa sfrenata. Capita di sragionare, ogni volta che non riesco a portare a termine qualcosa di programmato, ben definito.
La compulsione avanza e ne risento: sorprendersi a disegnare simmetrie immaginarie con gli oggetti più comuni, a contare serie lunghe di losanghe e di segnali, e così via. Poi controllare due, tre volte, a caccia dell'errore. Le sequenze numerate non danno tregua.
Contare. Ricontare. Sbagliare.
Tenevo a mente due commissioni da svolgere e non ne ho condotta a buon fine neppure una. DVLx dice : pensi troppo, fa male. A ragione o a torto?
Perciò, quali sono i rischi della propria Rivelazione, una volta calata la maschera?
E se sotto, ci fosse un'altra maschera? "Io" interiore. Chi la vede, lo ignora o lo sa?
Parliamo di semplici rischi o di veri e propri pericoli?
"Ma non si può mica piacere a tutti!" è qul mantra che sa di luogo comune.
Certe persone sono brutte dentro, sempre. Fuori, si cambia. L'interno ha le pareti così lucide che ne riflette l'immagine come un'onda. Allora se bastano due o tre travestimenti per ingannare chi sta vicino, come mai si può scoprire quale sia il vero io? Osservando le reazioni dei vicini, forse. Come reagisce lo spettatore. Potersi svelare, mostrarsi in piena vista e nello stesso tempo adombrarsi, svanire.
Ecco quindi il tema della fuga, del rifugio segreto.
Quando si sta male per una singola parola mal detta, per un rimprovero reale, temuto o anche solo immaginato, esporsi indifesi e deboli è pericoloso, all'inizio.
Uno sguardo in grado di far crollare un muro perde in uno scontro verbale. Il manrovescio giusto zittisce la bocca importuna. La mano è immobile, paralizzata dagli occhi di ghiaccio.
Sasso - carta - Forbici un gioco innocuo? Mai.
Capitolare.
Sacrificarsi.
Perdere.
La posta in gioco però non vale il piatto su cui è poggiata. Il disinteresse costa caro, la perdita meno. Anni e anni di pratica e bravura forgiano la maschera nel bronzo che si ossida. Vecchi dissapori cadono in mare, poi ripescati dalle reti del caso ricoperti di alghe e di salsedine incrostata. Forza immobile, sconfitta dimenticata e determinazione incrollabile montata su caviglie di argilla.
Qualche volta, per sbaglio, cala la maschera dell'esclusione, modellata in quella stessa argilla cotta male. La reclusione dietro un muro di sdegno senza porte che cresce di spessore con il tempo induce la ricerca di segni tracciati chissà dove. L'inaccessibilità del presente che rimanda al passato comporta un rischio ulteriore: la scoperta oggettiva che la maschera, o una di esse, sia migliore di ciò che cela, il quale fa molto meglio a rimanere absconditus.
E' tutto molto difficile.
Se, per esempio, anziché divenire sicuri di sé col manifestarsi dell'indifferenza si potesse esporre le proprie insicurezze come ferite aperte, le paure come collezioni, i complessi come quadri miniati?
E' un atto intimo, da consumarsi in privato, al massimo in compagnia di pochi eletti.
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