venerdì 5 aprile 2019

V


V. - Primo preludio

Uno qui comprende come va il mondo.
Il grado, l’onore e la gloria non danno la felicità.
Non esistono i mezzi per ottenerla. Essa è fuggevole, eterea, indistinta.
Questo è un mondo triste, gretto, popolato di individui meschini, arroganti, disperati e stolti.
Cosa resta se non la fuga?
Stanotte i sogni sono tornati.
La luce blu della cella li aveva scacciati, ma sono ritornati più vividi che mai.
Eravamo persi nella periferia spoglia. Solo prati incolti e poche case isolate. In fondo alla strada sorgeva una villetta nuova, il cui bianco spiccava nel grigiore circostante. Colpi di martello provenivano dall’interno di questa casa ancora senza finestre, non finita.
Una voce squillante mi chiama per nome, mi chiede di entrare.
Lascio gli altri per seguire la voce.
Appartiene a una giovane donna di bell’aspetto, affabile e cordiale.
La casa ha un cortile interno in cui mi conduce. Mi parla mentre le cammino a fianco.
Poi mi tocca.
Mi ritraggo. Ha le mani caldissime.
Le spiego che non sopporto di venire toccato, che in prigione non è permesso.
Ride divertita. Conosce un’amica che non è stata in prigione ma ha la medesima fissazione, mi racconta. Allora le faccio provare il tocco della mia mano gelida. E’ incuriosita.
Usciamo dal retro della casa ancora senza porte, da cui serpeggia un viottolo verso il torrente lì accanto. Percepisco una presenza nuova, diversa. C’è un’altra donna al mio fianco, diversa. Non è né bella né brutta. Insignificante è il termine più adatto per descriverla. Quella di prima è scomparsa all’improvviso.
La nuova venuta recita una cantilena sottovoce, come una nenia ripetita all’infinito. Racconta di segreti, sussurra di poteri arcani nascosti tra le pieghe delle parole dette a bassa voce. Ne isolo una sola dal fiume di frasi smozzicate che compone la sua tetra filastrocca: illusione.
Poi, il buio.  E un nome: Valander.
Chi è?
Anima tormentata, triste, cupa, maniacale, persecutoria, suicida, malinconica.
Incarna quest’ultima, la malinconia. Il pugnale che porta sempre con sé simboleggia la negazione.
Subì antichi riti. La maledizione della Mezza Vita. I pazzi che l’hanno cercata e che l’hanno infine ottenuta ora e per sempre sono infelici.
Nuove metafore serviranno. Per un nuovo linguaggio, che incanali il bisogno.
Che forma dare all’assenza, se poi manca il vuoto da riempire?