giovedì 8 ottobre 2015

Mese Nero




Mese Nero


Sono la Voce nel Buio

la Brina sul Vetro

la Spina nel Fianco

o la Porta sul retro.

Fiato sospeso,

senza luci nel Vuoto,

volo di Noia su prato


‘ché l’Infinito è finito.

domenica 23 agosto 2015

1 - 9 - Aphàsia

1 – 9
Aphàsia

Semidee seminude custodi dell’amore.
La nostalgia dell’abbraccio dell’innocente da parte dell’altra metà del mondo.
Fa freddo. Interi volumi si sono riempiti di simili pensieri, ma è sempre la solita solfa: il tempo si ripete, la ruota che gira è la tortura.
 La cara fanciulla sospira in cerca di un po’ di calore, in assenza del quale persino il respiro diventa pesante. L’istinto di conservazione non sempre ha il sopravvento. Poteva dirsi angelico quel volto?
Una bellezza prosaica, esemplare dell’intera specie.
Occhi chiari come ghiaccio per brividi da pelle d’oca, gli abiti soltanto un ricordo.
Come resistere al gelo della cella? Ah, sì. Il ricordo. Eccolo, dunque:

 “Aphàsla fu la favorita del Sultano. L’harem contava in quei giorni ventuno tra splendide donne e docili fanciulle, tenute languide al riparo della grande tenda rosa; i morbidi capelli adagiati sui cuscini di piume rare, soffici guanciali senza suono. Soltanto pareti di filigrane dorate a separarle.
Egli per molte notti non si curò di Aphàsia, né giacque con alcuna delle mogli. I giovani del Sole circondano i suoi desideri, come una setta di eunuchi custodi dell’arte dell’amore maschile.
 Insoddisfatta, APhàsia impugnava quasi con ostinazione il delicato specchio d’argento  e lo scrigno d’alabastro avvolto di velluto a celare le boccette: olii, essenze, tinture  e profumi.
La ricerca dell’eterna giovinezza tenuta in una mano sola.
Scalza come suo solito, si alzò, facendo scivolare i veli candidi sul tappeto. Impettita, ostentava la propria nudità al centro del cerchio delle donne ancora insonnolite, mentre i fuochi dell’alba incendiavano l’orlo del promontorio per scacciare dalla valle gli ultimi refoli di gelo notturno.
Le curve sinuose, il bianco candore della pelle ancora liscia, il volto già idilliaco incorniciato in una cascata di capelli d’oro profusa a mezza schiena. Marmorea figura, perfetta in proporzioni.
Gli occhi chiarissimi che ancora e per sempre cantano una maledizione nel deserto bilanciavano labbra rosse come braci.
Paura e desiderio suscitati da questa vestale dell’amore completo risvegliavano in fretta i sensi dei guardiani ansiosi mentre le compagne stropicciavano le membra intiepidite.
Come se fosse sola, APhàsia scrutava nello specchio in cerca di un difetto qualsiasi: un livido, una ruga. Nulla.
 Ma allora, perché? Senza trovare risposta, pianse. Le lacrime fulgide come diamanti rigavano il viso deluso.  Cadde in ginocchio, mentre lo specchio, scivolato via dalle dita affusolate, nonostante tutto non si ruppe. Le braccia conserte, piangeva.
 Una mano calda le asciugò il viso. Onuni, la nuova. Appena arrivata e ancora adolescente. Abbronzata di bellezza selvaggia la avvolse in un abbraccio sincero, la pelle tiepida al tocco.
Quegli occhi così verdi lessero i suoi pensieri, mentre i capelli corvini si intrecciavano con i suoi.
Si accarezzarono. APhàsia premette le dita sui piccoli seni acerbi dell’amica; i capezzoli ritti le pungevano i palmi. Mise una mano tra le gambe snelle e sorrise.
“Amiamoci”, sussurrarono complici.
Il circolo di donne giaceva ora ipnotizzato intorno alle fanciulle avvinte, tremanti, meravigliate da estasi congiunte, i corpi aulenti. Una per una si fecero coinvolgere.
 Per prima Inda, un tempo bella seppur non certo vecchia. Poi Iconia, prorompente come sempre; Isalti e Zusi, gemelle; Bìul dell’elleboro, Kami l’orientale, la minuta Zabin, e Gadine, cieca. Rilèe, la più matura tra loro. Sarina, sfregiata in viso, Miol la scontrosa, Ohmra crudele a volte; e Sisti, sempre dolce, Alina e Iredi morbide e senza segni; Timea glabra e tatuata, Zalti melanconica. Vinna fin troppo affettuosa e infine Lalla parlatrice insidiosa. Sfuggenti come gatte, stanche come prigioniere. Amanti, tutte. Phasila fece l’amore con tutte loro, generosa come infinito fu il suo cuore in un turbine di baci dati in pegno, fatto a brani dai morsi di un calore che non si ferma mai.
Ma da quel mattino soleggiato è trascorso molto, molto tempo…”


Il neon si è acceso all’improvviso mentre i passi risuonano nel corridoio; poi c’è il rumore secco dello spioncino che scivola di lato e il rapido movimento del vassoio di peltro che gratta sul pavimento. Il cibo sopra è ancora caldo, ma nella cella fa sempre freddo. 

lunedì 27 luglio 2015

1 - 8 Mattina

Mattina

Per quaranta giorni e quaranta notti, decretò, avrebbe sospirato di letizia. Dolci, languidi abbracci di gioventù colmi dell’ingenuità di una qualunque ragazzina, turbata dal futuro per paura che non accada nulla.
Come mai? L’illuso, presuntuoso, egocentrico bastardo la insegue giorno e notte. Gentile, a volte.
Pochi gesti male interpretati diedero inizio alla caccia segreta. Il cuore della fanciulla triste si colmò di speranze vane, mescolate all’abitudine di fuga della preda. E’ grave, pesante, continua.
Sciolti i legami ogni mattina al sorgere del sole attende che la grata si sollevi. Il cigolio dei perni, la base di cemento che vibra e il filo di luce passante attraverso lo spioncino sono i segnali convenuti. Il primo gesto è il primo passo, seguito da un altro e poi un altro. Cammina in principio, poi corre mentre il cuore batte più forte e le ombre si susseguono veloci quasi a scandire il ritmo.
Fuori batte il sole, lo sa. Ma la vera inquietudine si nasconde nella monotonia del percorso: un contorto sentiero di cemento tra angoli retti e luci al neon, senza porte ne scale ne gradini. Corre e corre, un vano dopo l’altro, con l’eco del battere dei tacchi a ricordarle l’urgenza della fuga.
Sosta.
Acqua e cibo sul tavolino apparecchiato. La fame e la sete minacciano di aumentare fino allo spasimo il senso di groppo allo stomaco della giovane atleta.
Ricomincia la caccia. Poco lontano, riecheggiano i tonfi degli stivali duri del suo aguzzino. Rapidi, precisi. Lo scatto metallico della serratura è l’incubo ricorrente di questa settimana. Dov’è la porta? Dove? La speranza cede, sostituita dalla paura. Arriva all’improvviso. Vorrebbe gridare, ma l’urlo le si secca in gola, meno tenace dello squittio del topo.
Presa. Finito. Il cacciatore vince, la palpebra cala e torna il buio.

Domani. Domani un’altra corsa, sempre in cerca della via di fuga. 

giovedì 5 febbraio 2015

La Ricetta

LA RICETTA
“Allora, questo coniglio?”
“Sì sì, è in salmì”.
“SALMI’?”
“Sì, è quel che ho detto. Che c’è, hai cambiato idea?”
“Io no, ma il pubblico a casa prima o poi si stuferà del solito metodo, secondo me.”
“A parte il bel gioco di parole – lo ‘’stufato’’ è sempre un classico – credo proprio che ti sbagli, mia cara.
Puntata dopo puntata, accumuliamo punti di share. Fioccano i commenti sui social network e man mano che cuciniamo cresce l’attesa per la ricetta successiva. In certi momenti della giornata non si parla d’altro nemmeno più nei bar; edicole e librerie presto allestiranno intere sezioni dedicate ai tuoi ricettari, con buona pace delle altre conduttrici…”
“D’accordo, e salmì sia. Ma quando l’interesse generale comincerà a scemare, dovremo pur inventarci qualcos’altro!”
“Certo, certo. Ma stai sicura che giunto il momento, qui allo studio lo avremo già capito da un pezzo. Ti ricordi per quanti episodi di fila il pollo ha tenuto banco? Sembrava non dovesse finire mai!”
“In effetti è così. Tutto quel pollo fritto. E le fricassee! Come mi manca quel periodo…”
“Anche a te pare sia trascorsa un’eternità, vero? Eppure erano pochi mesi fa, non dimentichiamoci.”
“Pazzesco. Se a noi fa quest’effetto, chissà come si sente il pubblico a casa.”
“Ecco lo spirito giusto! Ricordiamoci sempre che essi credono in noi: a chi potrebbero rivolgersi, altrimenti? Te l’immagini un programma di cibi preconfezionati? Panini oggi, panini ieri e domani indovina.
No. La gente cerca prodotti genuini, biologici!”
“Roba vera, insomma.”
“Non chiamarla ‘’roba’’, per favore. Il cibo va rispettato.”
“Gli spettatori mica lo mangiano davvero!”
“Anche l’occhio vuole la sua parte, no? Tutti vedranno, staranno attenti e qualcuno di loro imparerà anche a cucinare. Te lo ripeto, non si accontenteranno di nulla di meno; ma non bisogna MAI farli attendere un giorno di troppo o perderemo punti di share.”
“L’ho notato. Ma allora perché non seguiamo un calendario preciso? Sarebbe ben più semplice per loro seguirci.”
“Gli sponsor preferiscono che manteniamo l’illusione di imprevedibilità, inoltre a me non dispiace l’idea di tenerli almeno un po’ sulle spine. Non stiamo su a pensarci. Il nostro compito è scegliere gli ingredienti e cucinare, cucinare, cucinare.”
“Non mi lamento di certo, almeno finché la paga è così buona. Devo pensare al futuro dei miei figli, sai? Tuttavia, quando avremo esaurito le varianti del salmì, cosa ci inventeremo?”
“Semplice; sceglieremo una nuova ricetta. Sto già pensando al goulash: la zuppa di carne per eccellenza. Le possibili varianti basteranno per intere stagioni. Forse addirittura un nuovo programma!”
“Goulash?! Ma ce l’hanno propinato per quaranta anni! Non ci trovo nulla di originale.”
“Purtroppo è vero, ma le nuove generazioni di certo non possono ricordarsene, quindi la nostra ricetta riciclata suonerà come un’autentica novità,fidati. Ora concentriamoci sul presente: cosa realizzeremo nella puntata di oggi?”
“Uh. Coniglio… in salmì!?”
“Esatto! Salmì! Squadra che vince… Ora, mentre io scuoio la povera bestia, tu lava una manciata di capperi.
Mi raccomando, ben lavati. L’ultima volta il sale residuo ha lasciato un lieve retrogusto amaro nella salsa.
Ma prima una bella scottata in padella…”

Ø  L’ultimo episodio di L’ISOLA DEI FORNELLI  - Dopo la pubblicità: NON andate via!