mercoledì 5 marzo 2014

1 - 5, Messaggi

Messaggi Senza Volto

N, 30 Novembre
Ancora.
Riporto su carta le mie impressioni perché per me è come compiere un esorcismo. Ma sto anche cercando di capire.
 Da quando mi trovo qui, nella Stanza dei Caduti, non riesco a fare a meno di pensare a quante persone ci siano già passate. Non ci sono letizia né conforto in simili frangenti. Per mia fortuna non ci cado spesso, altrimenti il mio animo fin troppo tenero soccomberebbe. Quasi tutte le riviste stipate nell’armadio di metallo contengono strane notizie su fatti che secondo la mia esperienza non dovrebbero essere mai accaduti.
 In certi momenti, tuttavia, uno stato di eccitazione convulsa mi pervade le membra e posso “sentire” le menti degli altri occupanti nella stanza che spaziano alla ricerca di nuove verità da approfondire al di fuori del complesso. E’ chiaro che non sono l’unico a diffidare dei vecchi notiziari ed almanacchi.  E se fosse tutto falso?
 Purtroppo per noi, la recente gita nella grande città è stata fin troppo breve, ma a conti fatti posso dire fruttuosa. Inoltre ho finalmente potuto ammirare delle vere ragazze mentre passeggiavamo in centro, visto che l’unica donna sempre presente nel complesso è il Dottore, la quale svolge i suoi molti compiti con un’efficienza tanto inumana da far dimenticare la sua natura femminile, mentre le ragazze in foto sulle riviste sono quasi… aliene. Questa sensazione dei spaesamento è condivisa dagli altri volontari, perciò non sono l’unico a sentire la mancanza di un tocco femminile in questa fredda gabbia che chiamano centro di ricerche.
 Il tono delle luci, poi, è cambiato. Il blu elettrico che scandisce i turni di notte negli ultimi tempi è stato reso più cupo e intenso. Fa venir voglia di sprofondarsi sotto le coperte fino alla sirena del mattino. Infine, ci sono le grida.
 I suoni miserabili dei mostri giù ai livelli inferiori permeano le pareti e riecheggiano in tutti i corridoi quando il resto del complesso giace nel silenzio (anche se il brusio elettrico di sottofondo non si è mai attenuato da quando sono qui, non lo definirei un vero e proprio rumore).
 Coloro che hanno scelto l’esilio sotterraneo non ci tengono a farsi vedere, ma la quantità delle urla emesse dalle loro gole scoperte non li mette di certo in imbarazzo. Certe notti urlano così a lungo che i lamenti si riducono a deboli vagiti. Allora prendo una spugna ben strizzata dopo averla intrisa d’acqua calda e mi sforzo di scrivere sul muro, al buio, le poche parole di senso compiuto che mi illudo di cogliere tra le urla. Parlano di dèi e dèe, di bellezza interiore e paure sopite, afflizioni e gesti sconsolati mentre si nascondono in quegli anfratti bui, soli.
Ma ripetono: siamo ancora,qui, fermi, in attesa.
 Sono in attesa di cosa? Di cacciare, pronte a lanciarsi su una pista fresca che le conduca fino alla carne mentale di una preda viva.
 Sensazioni fulminee mi giungono durante il dormiveglia che precede il risveglio indotto dalle sirene. Così quando senza una parola tutti noi ci alziamo e ci vestiamo per poi andare a fare colazione, certi ricordi fugaci di quelle sensazioni si attutiscono e poi sembrano svanire entro pochi minuti. Ma rimane sempre un’eco flebile, tenace come la fiamma di una candela che nonostante gli sforzi del vento resiste e non si spegne. Allora i miei elettrodi ronzano e trattengono gli impulsi mentali sotto forma di segnali elettrici. Ne catturo quanti più riesco a captarne.
La vera natura di quelle creature mi è celata dalla solitudine di ciascuna, ridotte come sono in isolamento nelle  celle inferiori, eppure con me riescono a comunicare, anche se  soltanto attraverso messaggi criptati e formule oscure.
Ma dopo tanto tempo trascorso là sotto, cosa mai saranno diventati?

 E che cosa vogliono da me?  La paziente attesa per ora è l’unica risposta.

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