NERO .1.10
Pioveva.
Chi è felice
solo quando piove?
Ho indossato
i miei soliti abiti neri, messo gli stivali e infilato l’impermeabile, poi ho
preso l’ombrello (nero) e sono uscito.
Breve il
tragitto. Quando ha smesso di sgocciolare mi sono incamminato verso est, verso
i Boschi.
La
passeggiata sembrava il modo migliore per raggiungere il mio stato d’animo
prediletto.
Descriverlo
è molto difficile, occorre esserne partecipi.
E’ splendido
contemplare il profilo di case ossessionate nella collina buia e la strada che
scintilla e serpeggia mentre gli alberi piangono. Da lontano, i fari dei
lampioni perdono la lotta contro la Notte.
Perdono
sempre.
Cammino e un
vecchio cane bagnato mi accompagna in silenzio. I tacchi echeggiano
sull’asfalto luccicante.
Ecco, è in
quei momenti che mi sento bene.
Manca
qualcosa. Manca qualcuno. Però mi sento bene.
Cos’è
l’impossibile?
Passeggio.
Rifletto. Queste le condizioni del solitario, come il paesaggio; che aspetta,
riflette e si moltiplica.
Se osservati
da certi occhi tutti i luoghi si assomigliano:
Providence.
Cross
Plains.
Recanati.
Persino
questo posto senza nome.
Ho capito, o
meglio ho intuito quale postilla vada aggiunta al grande caos che costituisce
il Pensiero: nessuno è felice, però ci si avvicina se si regala la possibilità
di diventarlo.
La
preclusione alla Felicità è frutto dell’errore, quel grande errore che fa
confondere i sogni a occhi aperti con l’incubo della realtà, che poi divenne
anche il nome della band (Nightmare Dreamer).
Riuscire a tenere
separati questi due aspetti garantisce l’unica scappatoia per fuggire
l’Assoluto.
Eppure
eccomi cui, insoluto e fuggitivo e pronto a errare all’infinito finché non sarò
divenuto il mio peggiore anche se piccolo nemico. Tanta considerazione di sé
poteva (doveva?) chiudere un capitolo,
ma quando ce ne sarà un altro? A che
scopo?
Non mi va di
fare nulla. Non trovo il fuoco del pendolo.
Trovo soltanto
le differenze però vorrei non averle notate.
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