Nessuno
Passeggiato.
Letto libro.
Piazza.
Panchina.
Bello.
Ricordo.
Recuperata parte della perduta sensibilità non
ci importa più del resto. Per quanto ci sforziamo non è possibile interrompere
l’isolamento qui dall’interno:
le sbarre sono troppo spesse, ci sono troppe
guardie, non c’è abbastanza luce e non filtra rumore alcuno.
Non ci importa
di nessuno, eppure io so che ne verrà qualcosa di buono. Me lo sento nelle ossa
anche se non posso esserne certo.
Questo moto
costante di oscillazione tra noia e bisogno, tra l’ansia e l’attesa, tra smania
e dolore a cui nessuno sfugge qui è legge di natura. Nessuno sfugge. Nessuno
fugge.
Lo spazio
che non possiamo vedere è ancora e sempre sopra e sotto di noi?
Vuoto. Nero. Infinito, con o senza la sua
stolida luna.
Nessuna
religione, nessun miracolo, nessun sogno, nessun mistero.
Resta
soltanto la Scienza.
Scientia.
Non c’è
proprio niente di illogico se persino il caos è imbrigliato da formule
matematiche.
Sempre le
stesse, così noiose.
Perciò i
sentimenti? Provocati da sbalzi chimici corporei controllabili, dicono.
Un’iniezione e non ne resta nulla, secondo
l’inserviente in infermeria.
Ma la
malinconia non è la cura.
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