BALLA!
Sembrava un altro ballo mascherato. Invece si va in guerra.
Ma questo cosa c’entra?
Dicono tutti che parlo troppo ma hanno ragione. Come farei
altrimenti a espormi? Indifeso. Debole. Testardo. Un sguardo che fa crollare i
muri ma non convince.
Sacrificio, perdita e capitolazione sono a un passo dalla
vittoria. Spesso la posta in gioco non ne vale la pena.
E io? Anche quando ci tengo, li lascio perdere. Faccio così.
Rinuncia e resa in offerta.
“Ma che bravo!” gridano dagli spalti. A me invece viene da
pensare “che stupido!” mentre la cera persa cola in terra per lasciare tutto lo
spazio al bronzo, che se lo merita. Terzo classificato.
La forza di combattere la trovo. Il rischio di battagliare
contro l’altro me stesso include però l’ingresso in scena per l’ultimo
spettacolo e la maschera deve essere rimasta lì, da qualche parte. Escluso alla
prima tornata, ripescato a sorteggio. Una batosta alla volta senza mai perdere
il posto per lo scontro successivo ed eccoci in finale.
L’arena è grande. Sdegno e Solitudine saranno gli arbitri di
questo scontro inaccessibile senza biglietto.
La maschera oggettiva che porta il mirmillone è migliore del
volta ivi celato: meschina ignava, ipocrita espressione di cattiveria e
intolleranza. Insignificante in battaglia quell’espressione torva, ma molto
difficile da riprodurre. Molto, molto difficile.
La sicurezza di sé comporta la caduta delle maschere.
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