- Infinito Interludio -
E venne il Sonno
Questo
pomeriggio l’ho incontrata.
Non abbiamo
parlato. Non ci siamo salutati. Forse non mi ha nemmeno visto.
Però l’ho incrociata
per strada e l’ho guardata per qualche attimo. Il mio spirito di antieroe
solitario e rassegnato si è fatto truce. Serata triste garantita.
La vista di
costei mi spinge a pensare e quando penso mi guardo attorno, rabbioso verso me
stesso per l’inconsistenza che mi avvolge. Il paesaggio intorno è ombroso. E brutto.
Allora lo
spirito lamenta un dolore sordo, immerso d’improvviso in lunghe torture mentali
fatte di aghi tristi. E’ il tipo di dolore di cui se ne può sopportare una
quantità immensa, ma alla fine è sempre la qualità che conta. Addirittura colgo l’impressione
di stare per subire reali, fisiche conseguenze: fremiti, brividi, contrazioni e
spasmi a denti stretti. Tutto ciò dura molto a lungo.
Non trovo
appoggio o riparo. E’ un processo interiore metodico e silenzioso. Nessuno che
parli. Nessuno che urli. Eppure i pensieri fuggono per rifugiarsi dietro a un’idea:
un colloquio venturo.
C’è anche un
ricordo umbratile di qualcosa di là da venire che la fa sembrare anche peggiore.
Sto male
quando ci penso. Toccata e infangata quest’idea, si cerca di dimenticarla. La
disconosco.
A questo
punto però è troppo tardi .
***
Me l’ha
chiesto lei, l’unica vera confidente che abbia mai avuto insieme al silenzio
della Notte.
Di non
abbandonarla. Di non lasciarla mai sola.
Ecco allora che
si insinua il dubbio: può una bugia essere a fin di bene? Far sì che mi odii e
se ne vada, sentendosi tradita e abbandonata? NON sono io quello?
No.
Non sono K.
Non è la mia anima che si realizza in se stessa, trasparente come acqua pura al
cospetto di Dio.
Non è
affatto l’affetto l’unico esito finale. Unica consolazione per me, ma errore per K. e quelli
come lui.
Un folle
maestro il cui proclama ci spinge a ucciderci tra noi in nome di forza e
volontà.
Non ci credo
più. Io credo che toccato il culmine con la punta delle dita non rimanga che
una lunghissima discesa da percorrere a ritroso.
Curioso:
prima del nome A mi viene chiaro in mente il nome B. Non passa giorno senza che sbiadisca.
Pochi tratti
vaghi pennellati di getto e alla rinfusa, sempre meno somatici e sempre più
idealizzati: capelli
biondi, denti belli, volto pulito, morbide curve.
Ma gli occhi, quelli no: gelidi,
profondi e precisi. Furenti.
Potrebbe
essere chiunque, fatta di anonima e diafana bellezza ma quello sguardo punitivo, assente e
angelico rimane solo Suo.
Non c’è
nulla qui. Niente esiste. Provo a toccarlo, sogno più a fondo.
Nel regno
dell’Assurdo le regole non collimano. Stridono come freni di rotaia.
Fino al
suono di sirena, dormiamo. Tutti. Anche da svegli, dormiamo.
Nessun commento:
Posta un commento