martedì 12 novembre 2019

E venne il SONNO


- Infinito Interludio -
E venne il Sonno

Questo pomeriggio l’ho incontrata.
Non abbiamo parlato. Non ci siamo salutati. Forse non mi ha nemmeno visto.
Però l’ho incrociata per strada e l’ho guardata per qualche attimo. Il mio spirito di antieroe solitario e rassegnato si è fatto truce. Serata triste garantita.
La vista di costei mi spinge a pensare e quando penso mi guardo attorno, rabbioso verso me stesso per l’inconsistenza che mi avvolge. Il paesaggio intorno è ombroso. E brutto.
Allora lo spirito lamenta un dolore sordo, immerso d’improvviso in lunghe torture mentali fatte di aghi tristi. E’ il tipo di dolore di cui se ne può sopportare una quantità immensa, ma alla fine è sempre la qualità che conta. Addirittura colgo l’impressione di stare per subire reali, fisiche conseguenze: fremiti, brividi, contrazioni e spasmi a denti stretti. Tutto ciò dura molto a lungo.
Non trovo appoggio o riparo. E’ un processo interiore metodico e silenzioso. Nessuno che parli. Nessuno che urli. Eppure i pensieri fuggono per rifugiarsi dietro a un’idea: un colloquio venturo.
C’è anche un ricordo umbratile di qualcosa di là da venire che la fa sembrare anche peggiore.
Sto male quando ci penso. Toccata e infangata quest’idea, si cerca di dimenticarla. La disconosco.
A questo punto però è troppo tardi .

***

Me l’ha chiesto lei, l’unica vera confidente che abbia mai avuto insieme al silenzio della Notte.
Di non abbandonarla. Di non lasciarla mai sola.
Ecco allora che si insinua il dubbio: può una bugia essere a fin di bene? Far sì che mi odii e se ne vada, sentendosi tradita e abbandonata? NON sono io quello?
No.
Non sono K. Non è la mia anima che si realizza in se stessa, trasparente come acqua pura al cospetto di Dio.
Non è affatto l’affetto l’unico esito finale. Unica consolazione per me, ma errore per K. e quelli come lui.
Un folle maestro il cui proclama ci spinge a ucciderci tra noi in nome di forza e volontà.
Non ci credo più. Io credo che toccato il culmine con la punta delle dita non rimanga che una lunghissima discesa da percorrere a ritroso.
Curioso: prima del nome A mi viene chiaro in mente il nome B. Non passa giorno senza che sbiadisca.
Pochi tratti vaghi pennellati di getto e alla rinfusa, sempre meno somatici e sempre più idealizzati: capelli biondi, denti belli, volto pulito, morbide curve.
 Ma gli occhi, quelli no: gelidi, profondi e precisi. Furenti.
Potrebbe essere chiunque, fatta di anonima e diafana bellezza ma quello sguardo punitivo, assente e angelico rimane solo Suo.
Non c’è nulla qui. Niente esiste. Provo a toccarlo, sogno più a fondo.
Nel regno dell’Assurdo le regole non collimano. Stridono come freni di rotaia.
Fino al suono di sirena, dormiamo. Tutti. Anche da svegli, dormiamo.

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