79603 - PEGGIO
Questa
mattina sono stato di sopra per sostenere una volta di più le mie prove di
idoneità.
Gli
esaminatori per l’ennesima volta mi hanno respinto .
Inadatto al programma di potenziamento,
dicono.
Gli esami
parlano chiaro, a detta loro.
Ho trovato
il responso stampato sul solito cartoncino azzurro appoggiato sulla branda al
mio ritorno dal livello sei. Quel laconico messaggio pre-stampato stavolta mi
ha dato da pensare. Non ci capisco nulla. Altri meno adatti sono già stati
scelti. Perché io no?
Sono forse
troppo presuntuoso ma stavolta sarà peggio. Idee feroci mi balenano in mente
dopo le iniezioni. L’ultima crisi è stata breve, forte e intensa. La goffaggine
che ne segue invece dura a lungo. E’ questo il valore dell’inferiorità, dell’inidoneità?
Si misura forse dai tempi di ripresa più o meno lunghi?
I test
attitudinali si ripetevano uno dopo l’altro senza una logica apparente.
Prove,
domande, prove, domande.
Alleviare la
tensione. Aumentare la pressione.
Meno di
cento parole sono state pronunciate e nonostante la rapidità del test al
termine del mio turno avevo l’affanno.
Poi sono
stato accompagnato fuori dalla sala blu mentre quei volti imperturbabili mi
ignoravano. Una donna e tre uomini.
L’angoscia
provata, la violenza immaginata sono cresciute di lì a poco: i ricordi che svaniscono
uno dopo l’altro mentre la mente ne ritocca le immagini rendendole ridondanti.
Un caleidoscopio roteante di fatti e avvenimenti trascorsi, visi sconosciuti,
suoni indistinti. Il cuore batte all’impazzata mentre giaccio rannicchiato nell’angolo
più in penombra della camera di decompressione sensoriale dove tremo con le
braccia strette intorno alle ginocchia piantate sugli occhi. Prego e aspetto
con le mascelle serrate; le mani gelide contratte all’inverosimile; le nocche
sbiancano fino a che lo stomaco, finalmente, smette di contorcersi e contrarsi.
Arriva il
pianto, lucido e caldo. Pensavo che avrei resistito almeno stavolta e invece ho
pianto a lungo senza ritegno. Versare lacrime brucianti di sostanze chimiche è
doloroso e folle però aiuta a espellere in minor tempo la soluzione iniettata.
Intanto il turbinio di volti è aumentato: tutte le persone che ho conosciuto mi
scorrono davanti più volte, gli occhi straziati e gonfi come i miei, pronti a
vomitare odio mentre verso nuove stille intrise di sale e di sangue. La tempesta
biochimica una volta cominciata non si sarebbe placata tanto presto. Ma ho atteso
e atteso finché alla fine non è giunto il freddo, inaugurato dalla pelle d’oca.
Gli occhi sono ancora indolenziti, ma almeno qui
ci sono di nuovo soltanto io. Basta lacrime chimiche, basta sguardi indagatori.
Sanno che non mi piacciono se così accusatori e neanche la paura nell’attesa
del verdetto e la noia che ne segue. Sono sguardi intuitivi, penetranti e
ostinati ma necessari. Sono lì a ricordarmi quanto tempo è passato da che mi
trovo qui dentro. Quante prove ho fallito. La camera di prova ha una parete di
vetri oscurati dietro la quale ci deve essere qualcuno che ci osserva per decidere
se candidarci al miglioramento. Le luci lassù sono sempre accese e fanno
bruciare gli occhi. La prossima volta proverò a focalizzarmi sulle superfici
riflettenti, anche se va detto che non sopporto gli specchi. Inoltre, i ricordi
sbiadiscono e la memoria sussulta: lassù c’è una camera o una stanza?
O peggio: c’è
o non c’è?
Nessun commento:
Posta un commento